Sembra ieri, ma sono passati sette anni da quando, nel 2001, ho prestato servizio al Maranathà come obiettore di coscienza: un’esperienza forte e ricca di vita, in un momento in cui ero un po’ in crisi di mio ed avevo forse un po’ perso fiducia in me stesso… Ma si sa, niente vien per caso!
Fare l’obiettore… già… non è stato certo “un modo per evitare la naja” come tanti hanno forse pensato, e (chissà in quanti sanno la differenza) non è la stessa cosa del “semplice” prestare servizio civile.
Essere obiettore, partendo dall’etimologia stessa della parola, significa ripudiare l’uso delle armi, perché si crede che la violenza possa generare soltanto la violenza e si rifiuta di esserne portatori. Ci sono dei criteri specifici e vincolanti per poter essere obiettori (non avere porto d’armi, non aver fatto domanda per entrare in corpi “militarizzati” o per mansioni che richiedano l’uso delle armi, non essere stato condannato per possesso illegale di armi o reati di violenza, etc.. trovate comunque qui il testo della legge) tanto che quello di obiettore è uno “status” che rimane anche oltre la conclusione del periodo di servizio prestato, sebbene possa decadere al venir meno delle condizioni richieste (credo si chiamino “condizioni ostative”).
Non mi risulta che a chi prestava servizio civile venisse richiesta questa dichiarazione (a quei tempi si poteva scegliere se prestare il proprio servizio tramite il servizio militare o quello civile), ma io ho sentito di volerla fare..
Ma torniamo al Maranathà 🙂
Oggi si festeggiavano i 25 anni, con amici, ragazzi, obiettori… tante persone che sono passate ed hanno condiviso un pezzo di strada, anche se breve come nel mio caso…
Sono stato molto felice nel reincontrare tanti volti amici, alcuni conosciuti, altri mai incontrati prima, ma tutti accomunati da quel filo invisibile che è l’aver fatto esperienza di questa “famiglia allargata” e, probabilmente, dall’esserne stati colpiti. Ho visto con celato orgoglio i “miei” ragazzi diventati baldi giovanotti sicuri di sé, ho faticato non poco a riconoscere le “bimbe” di allora nelle giovani donne piene di vita di oggi… ed ho sentito, soprattutto, l’affetto di tante persone, il bene che da tutto questo è nato e si è fatto concreta, vitale, gioiosa esperienza condivisa.
Non son certo state tutte rose e fiori, la quotidianità è fatta anche di fatiche, di incomprensioni, di scontri, però se tutto questo mi ha lasciato migliore di com’ero prima vuol dire che c’era bisogno di tutto quel che ho vissuto e ne sono riconoscente 🙂
Grazie allora a tutti, a partire da Rita e Gigi, Berta e Lucio, per questi 25 anni di vita… e per la voglia gioiosa di continuare insieme!! Scarpe da ginnastica ai piedi… si continua!! 🙂